LA DISSOLUZIONE DELL’OPERA D’ARTE

a cura dell’Avv. Pierluigi Piselli e della Dott.ssa Serena Nardoni

La tradizionale definizione di “opera d’arte”, nella sua accezione di manufatto unico ed irripetibile, è ormai da considerarsi obsoleta.

Walter Benjamin, nel suo celebre scritto dal titolo: “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica” (1936), precorre con incredibile lucidità una problematica attuale, quale la messa in discussione dell’imprescindibilità di tali condizioni nell’identificazione di un’opera d’arte. Il corto circuito viene innescato dall’emancipazione della fotografia che, da mero strumento di documentazione della realtà, acquista dignità ed indipendenza espressiva. Il fenomeno è poi cresciuto parallelamente al progresso tecnologico, assimilandone le pratiche di riproduzione meccanica e seriale. Quella che Benjamin definisce nostalgicamente “aura dell’opera”, intesa come testimonianza storica di un hic et nunc, viene meno a favore di una democratizzazione dell’arte che è disponibilità immediata di contenuti ed informazioni, universalmente accessibili. Allo stesso tempo le esperienze duchampiane prima -con la dissacrante celebrazione dell’oggetto d’uso quotidiano che diventa manufatto artistico riproducibile infinite volte-, e della pop art poi –come presa di consapevolezza della società dei consumi-, hanno condotto il pubblico verso lo sviluppo di una coscienza critica nuova, disposta al riconoscimento di forme espressive in cui la mano dell’artista scompare, così come l’estetica dell’opera d’arte.

Nell’era della digitalizzazione stiamo assistendo alla proliferazione e diffusione di immagini sul web, che si succedono e si esauriscono alla velocità di connessione e trasmissione delle informazioni.

Qui si apre la nostra riflessione: un’opera d’arte, perdendo la sua connotazione di manufatto unico, può ancora considerarsi tale? E ancora, non vedendosi necessario il coinvolgimento produttivo dell’artista, si può ancora parlare di “Arte” come strumento conservativo della memoria storica? In realtà l’Arte è figlia del suo tempo, per cui solo abbracciando i media quali mezzi espressivi del momento presente è in grado di stabilire una comunicazione efficace con la società. È anche molto spesso anticipatrice e si fa portavoce di esigenze inespresse che non sempre trovano accoglimento nel tempo presente, ma il cui riconoscimento avverrà solo in seguito.

Come la produzione, anche la fruizione si sta progressivamente spostando su piattaforme online in grado di garantire libera accessibilità ai dati in tempo reale. Da ciò scaturiscono infinite occasioni di disposizione e sfruttamento delle immagini. È un percorso che trova fondamento nella necessità di digitalizzazione e catalogazione del patrimonio culturale, obiettivo promosso già nel 2011 dalla Commissione Europea, che ha invitato gli Stati membri ad intensificare l’impegno per la pubblicazione in rete di tutte le collezioni conservate in archivi, biblioteche e musei. Una tale prospettiva di condivisione si traduce in costruzioni giuridiche volte da una parte all’apertura verso forme di democratizzazione della fruizione; dall’altra ad una riflessione sulla possibilità di destrutturare e scomporre la proprietà dell’opera d’arte – in virtù del fatto che la proprietà è ormai totalmente indipendente dal possesso.

Ma una così esponenziale crescita nella circolazione delle immagini porta con sé conseguenze che riguardano anche la sfera commerciale dell’Arte e in questa direzione lo studio Piselli and Partners ha già da tempo avviato riflessioni e studiato peculiari modelli operativi.

Ciò non di meno, è interessante segnalare alcune realtà commerciali già operanti. Un caso è quello delle aste online, per un business di notevoli dimensioni: secondo l’autorevole Hiscox online art trade report 2018 il giro d’affari delle vendite online di opere d’arte ha raggiunto i 4,22 miliardi di dollari nel 2017, con una crescita stimata del 12% rispetto all’anno precedente. Ovviamente le piattaforme che riscontrano maggior successo sono quelle legate alle principali case d’asta quali Chistie’s, Sotheby’s, Phillips de Pury e Bonhmas, che hanno fatto del bidding online un sistema di interfaccia sicuro e trasparente, facilmente accessibile alla clientela.

Come le case d’asta anche le gallerie hanno pensato di aggregarsi al sistema di vendita online, facendo riferimento a piattaforme dedicate. Tra queste l’americana Astsy che, nata nel 2009, è oggi il canale leader per le vendite online, proponendo anche, in anteprima, opere selezionate da fiere internazionali. Accanto a questa segnaliamo Artnet, piattaforma nata nel 1989 che ha dato vita al primo database di informazioni sull’arte contemporanea, facendo da tramite anch’essa con le gallerie per l’acquisto online.

Siamo oltre l’era della digitalizzazione dell’arte: non ci si limita a raccogliere informazioni in remoto disponibili -per così dire- in sola lettura, ma si è creata una rete di scambio attiva, dedicata al mondo del commercio, che consente di risalire intuitivamente e velocemente al pedigree dell’opera d’arte. Un siffatto ragionamento permette di eludere eventuali vizi di valutazione e tracciabilità, nonché rende impossibili eventuali revisioni o modifiche dei dati registrati, eventuali plagi, contraffazioni e violazioni del diritto d’autore, insieme ad altri abusi, legati a diffusioni illecite o altre violazioni di diritti patrimoniali legati all’opera.

È l’epoca del cosiddetto Blockchain (per un approfondimento confronta https://www.piselliandpartners.com/news-di-settore/blockchain-e-arte-quali-vantaggi-per-operatori-e-utenti/).

È notizia fresca lo sviluppo di un’App che consenta di comprare e vendere quote di opere d’arte online. Stiamo parlando dell’intuizione portata avanti da Look Lateral, società fondata a Seattle dal trentaduenne mantovano Niccolò Filippo Veneri Savoia. Gli acquisti avverranno tramite token e saranno certificati attraverso lo Smart Contract –protocollo di traduzione in codice di un contratto in modo da verificarne in automatico l’effettività di determinate condizioni, capace di attivarsi nel momento in cui le condizioni determinate tra le parti siano raggiunte e verificate-. La mission è quella di rendere accessibile ad un pubblico sempre più ampio il mercato dell’arte, mettendo in vendita quote minime di accesso alla proprietà di valore inferiore ai 50 euro. Ovunque nel mondo ed in qualsivoglia momento, sarà possibile acquistare o rivendere le proprie “azioni”, con interessanti margini di guadagno. La sicurezza delle transazioni sarà garantita dal meccanismo della blockchain. Artisti, collezionisti privati, gallerie e musei potranno mettere in vendita le proprie opere d’arte previa registrazione delle stesse: si dovrà rendere identificabile l’oggetto con un microchip, mettere a disposizione l’autentica, assicurare l’opera per furto e deterioramento e certificarne la conservazione in sicurezza. Le quote messe in vendita non potranno superare il 49% della proprietà, così che il proprietario mantenga una posizione privilegiata quale “azionista maggioritario”. Nel caso in cui quest’ultimo decidesse di vendere l’opera ad un soggetto specifico, dovrà riscattare le quote dei vari acquirenti. Gli stessi soci minori potranno acquistare ulteriori quote o vendere le proprie ad altri soggetti iscritti alla piattaforma Look Lateral.

In tale contesto potrebbe apparire anacronistico porsi il problema della riproducibilità dell’opera d’arte, quando ad aver perso di significato sono sia il concetto della materia, da intendersi come consistenza fisica dell’oggetto, che la brama di possesso esclusivo, in barba a secoli di storia del collezionismo. L’obiettivo da porsi è quello di coniugare, in una chiave di lettura attuale, la necessità di ostentazione con la riscoperta del piacere del possesso, attraverso forme di virtualizzazione dell’opera d’arte. Per far questo è fondamentale che il processo non si fermi alla mera produzione di una copia, ma elabori strategie in grado di restituire tutti gli elementi insiti nella fruizione della stessa. Ciò si traduce, in primis, nell’implementazione di tecnologie sempre più performative dedicate al godimento della visione e, in secondo luogo, nella certificazione o riconoscimento della proprietà che, seppure in quote, dia accesso a diritti esclusivi con prospettiva di crescita nel tempo– sia in termini di ritorno economico che d’immagine.

 

 

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