SUDDIVISIONE IN LOTTI E TUTELA DELLE PMI: LA PORTATA DELL’OBBLIGO PER LE STAZIONI APPALTANTI IN OSSEQUIO AL RISPETTO AI PRINCIPI DI CONCORRENZA E ACCESSO AL MERCATO

Consiglio di Stato, Sez. III, 26.09.2018 n. 5534

Nella recente sentenza n.5534 dello scorso 26 settembre, la III Sezione del Consiglio di Stato si è esaustivamente pronunciata sul tema del frazionamento dell’oggetto della gara, mediante la strutturazione della prestazione complessiva (di lavoro, servizio o fornitura) in lotti, al fine di venire incontro alle istanze partecipative delle piccole e medie imprese.

Oggetto della controversia in questione, l’asserita illegittimità del bando di gara pubblicato da una centrale di committenza Regionale, ritenuta dalla società appellante lesiva dei propri interessi, nella parte in cui prevedeva la suddivisione dell’appalto in soli 7 macro-lotti, aventi ciascuno una consistente dimensione territoriale, per i quali erano previsti requisiti di partecipazione proporzionati al loro ingente valore, ma tali da precludere la partecipazione delle piccole e medie imprese e da impedire la piena esplicazione del confronto concorrenziale.

Il TAR adito in primo grado respingeva il ricorso, evidenziando la rispondenza della condotta amministrativa ad oggettive esigenze organizzative e rilevando la presenza, all’interno della contestata lex specialis, di previsioni idonee a tutelare il principio concorrenziale anche a vantaggio delle PMI.

Nella disamina della fattispecie de qua, la Sezione ha opportunamente chiarito come la verifica della lesività della disciplina di gara per le imprese appartenenti alla suindicata categoria debba essere condotta “con riferimento, se non a ciascuno dei lotti in cui l’oggetto della gara è stato suddiviso, quantomeno con riguardo a quello/i di maggiore entità che concorrono a costituire il complessivo oggetto della gara: ciò perché, da un lato, non è definibile a priori il/i lotto/i la cui aggiudicazione le stesse intendano in concreto perseguire (pur potendo ipotizzarsi che siano proprio quelli più significativi, da un punto di vista dimensionale, ad esercitare maggiore attrazione nei confronti delle imprese interessate), dall’altro lato, la sottrazione alla concorrenza delle PMI di una quota significativa dell’appalto, ovvero del/dei lotto/i di maggiori dimensioni, restringe inevitabilmente lo spazio, corrispondente ai lotti residuali, entro il quale può esprimersi la competizione delle imprese ‘minori’, con la conseguente proporzionale riduzione delle loro chances di aggiudicazione”.

Segnatamente, si legge nella sentenza in commento, “tale rilievo attiene soprattutto alla valutazione dell’interesse e della legittimazione al ricorso, atteso che, ai fini della verifica della sua fondatezza, occorrerà accertare se la formazione dei lotti, sebbene (per ipotesi) non pienamente rispettosa delle esigenze partecipative delle PMI, costituisca il frutto di un ragionevole bilanciamento dei molteplici interessi concorrenti, secondo i criteri elaborati ed utilizzati dalla prevalente giurisprudenza amministrativa”.

Sul punto, premesso che la disciplina legislativa in subiecta materia prende in specifica considerazione, quali soggetti interessati dal favor partecipationis che essa intende realizzare, le piccole, medie e microimprese (cfr. art. 51, comma 1, terzo periodo D.Lgs n. 50/2016), ai fini della identificazione dei suoi destinatari deve necessariamente aversi riguardo alla definizione che il medesimo legislatore dà della categoria delle imprese di minori dimensioni.

Pertanto, al fine di verificare la coerenza dei requisiti economico-finanziari di partecipazione con le caratteristiche dimensionali delle PMI, quindi la lesività per queste ultime della lex specialis, in mancanza di più specifiche indicazioni delle parti in ordine alla concreta composizione dimensionale del mercato (merceologico e geografico) di riferimento, le sotto-categorie di cui all’art. 3, lett. aa) D.Lgs. 50/2016 devono essere considerate in maniera tendenzialmente unitaria.

Il Collegio non ha poi mancato di evidenziare il carattere eminentemente discrezionale della scelta in parola e le conseguenti implicazioni in punto di sindacato giurisdizionale: “la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle specifiche norme sopra ricordate del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 5224 del 13 novembre 2017; ma vedi anche, più recentemente, Sez. III, n. 1138 del 22 febbraio 2018); inoltre, “come qualsiasi scelta della pubblica amministrazione anche la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa: e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1038 del 6 marzo 2017).

La Sezione ha altresì sottolineato il diverso spessore che il dovere di suddivisione ha assunto nel passaggio dalla previgente disposizione di cui all’art. 2, comma 1 bis, D.L.gs. n. 163/2006, che ne subordinava l’assolvimento a condizioni di “possibilità” e “convenienza economica”, a quello attualmente vigente di cui all’art. 51 D.Lgs. n. 50/2016, il quale, più perentoriamente sancisce che “le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti…”, rafforzando tale dovere con la previsione di uno specifico onere motivazionale (“le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica…”).

Le esigenze partecipative delle PMI, (richiamate anche in sede di normativa comunitaria, nel considerando 59 della direttiva 2014/24/UE, a tenore del quale «l’aggregazione e la centralizzazione delle committenze dovrebbero essere attentamente monitorate al fine di evitare un’eccessiva concentrazione del potere d’acquisto e collusioni, nonché di preservare la trasparenza e la concorrenza e la possibilità di accesso al mercato per le PMI») devono, in altri termini, essere garantite dalla stazione appaltante mediante una “adeguata” determinazione del valore dei lotti.

La possibilità di partecipazione delle imprese di minori dimensioni, prosegue ancora la Sezione, deve essere “effettiva” e non ipotetica, ovvero subordinata a condizioni ulteriori, come la possibilità di associazione tra imprese, non necessariamente destinata a realizzarsi perché legata ad autonome scelte imprenditoriali degli operatori economici associandi.

Alla luce di quanto argomentato, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso, affermando che la valutazione della ragionevolezza della scelta amministrativa vada condotta in maniera unitaria, ovvero abbracciando l’intero arco dei lotti in cui l’appalto è stato suddiviso e verificando se, per come complessivamente articolato, esso rappresenti la migliore soluzione possibile atta a contemperare l’interesse partecipativo delle PMI e le (eventuali) esigenze organizzative della stazione appaltante, valutando, in definitiva, la congruità delle ragioni sottese alla suddivisione in lotti concretamente disposta e la logicità e plausibilità delle stesse, in rapporto all’interesse pubblico perseguito in concreto.

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