IL TAR LAZIO SI ESPRIME SULLA SUSSISTENZA DEL LIMITE TEMPORALE TRIENNALE AI FINI DELLA RILEVANZA DELL’ILLECITO PROFESSIONALE
Il commento a cura degli Avv. Giuseppe Imbergamo e Patrizio Giordano
Con la sentenza n. 4917 dell’11.5.2020, il T.A.R. Lazio, sede di Roma, Sez. II-ter, ha ribadito il proprio orientamento in merito alla rilevanza delle fattispecie astrattamente configurabili quali gravi illeciti professionali ex art. 80 comma 5 lettera c) del D.Lgs. n. 50/2016, ritenendoli soggetti al limite triennale decorrente dalla data del suo accertamento definitivo.
Nel caso al vaglio del Collegio, il concorrente era stato escluso per non aver dichiarato nel DGUE una sentenza di condanna ai sensi dell’art. 444 c.p.p., avente ad oggetto fattispecie non automaticamente escludenti, al di fuori dunque, del perimetro di applicazione dell’art. 80, co. 1 del D.Lgs. n. 50/2016, ma astrattamente rilevanti in relazione all’eventuale configurabilità di un grave illecito professionale ai sensi del citato art. 80, co. 5 lett. c), nonché in riferimento alla presentazione di documenti e dichiarazioni non veritiere ex art. 80, co. 5 lett. f-bis) del D.Lgs. n. 50/2016.
Nello specifico, il ricorrente aveva prospettato l’illegittimità del provvedimento di esclusione in relazione a due profili distinti:
- il primo, relativo alla“portata dell’obbligo dichiarativo delle condanne ai sensi dell’art. 80 comma 5 lettere c) ed f bis) d. lgs. n. 50/16, deducendo che tale obbligo non sussisterebbe e, comunque, nella fattispecie non sarebbe configurabile in quanto la condanna riguarderebbe un reato risalente nel tempo e in nessun modo riferibile alla moralità professionale”;
- il secondo, afferente all’esistenza “di un limite temporale alla rilevanza di fatti integranti l’illecito professionale come causa di esclusione che dovrebbe essere riferita ai tre anni successivi alla data di commissione del “fatto””.
Nel dirimere la questione, il T.A.R. ha ritenuto di poter prescindere dal contrasto circa l’ambito degli obblighi dichiarativi sussistente in seno alla stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato, la cui questione è stata di recente deferita all’Adunanza Plenaria (Consiglio di Stato, Sez. V, Ordinanza n. 2332 del 9. 4.2020).
Difatti, ai fini della decisione, ha ritenuto dirimente l’esame della sola questione concernente l’esistenza di un limite temporale di rilevanza per le vicende astrattamente configurabili quale illecito professionale rilevante a fini escludenti.
In proposito, i Giudici hanno ritenuto esistente “un limite triennale di rilevanza temporale del fatto astrattamente configurabile quale “grave illecito professionale” ex art. 80 comma 5 lettera c) d. lgs. n. 50/16 decorrente dalla data di accertamento definitivo del fatto stesso ed identificabile, allorché viene in rilievo una sentenza non ostativa ex art. 80 comma 1 d. lgs. n. 50/16, nella data di pubblicazione della stessa”.
In tal senso, chiarisce la sentenza in commento, rileverebbe, anzitutto, la circostanza che il limite triennale sia desumibile dal testo dell’art. 80, co. 10-bis (recentemente introdotto dal Decreto “Sblocca Cantieri”) secondo cui “nei casi di cui al comma 5, la durata della esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza”.
Inoltre, l’opzione ermeneutica condivisa dal Collegio sarebbe “coerente con i principi generali di proporzionalità dell’azione amministrativa e di massima partecipazione alle gare” e risulterebbe necessitata alla luce del disposto dell’art. 57 della Direttiva 2014/24/UE, il quale, “dopo avere stabilito i casi in cui la stazione appaltante ha l’obbligo di escludere i concorrenti dalla gara nell’ipotesi in cui abbiano riportato condanne per i reati indicati al paragrafo 1 e dopo avere riconosciuto alla medesima stazione appaltante la discrezionalità di escludere gli operatori economici che si rendano colpevoli di “gravi illeciti professionali” di cui al paragrafo 4, stabilisce espressamente che, “se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla data della condanna con sentenza definitiva nei casi di cui al paragrafo 1 e i tre anni dalla data del fatto in questione nei casi di cui al paragrafo 4” mentre una un’efficacia temporale illimitata degli illeciti professionali oltre a non essere conforme all’art. 57 paragrafo 7 della Direttiva 2014/24/UE, sarebbe “foriera di una possibile ingiustificata disparità di trattamento (oltre che intrinsecamente tra le varie cause integranti l’illecito professionale anche) rispetto alle condanne automaticamente escludenti ex art. 80 comma 1 d. lgs. n. 50/16” per le quali, benché riferibili a reati più gravi, è comunque previsto un limite temporale.
In definitiva, l’accertata esistenza del limite triennale circa la rilevanza del fatto potenzialmente integrante il grave illecito professionale ha indotto il Tribunale a ritenere insussistente l’obbligo della società ricorrente di dichiarare la condanna indicata nel provvedimento di esclusione.