TEMPESTIVITÀ DELL’ISCRIZIONE DELLE RISERVE DELL’APPALTATORE IN PRESENZA DI FATTI DANNOSI “CONTINUATIVI”.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 28801 del 9 novembre 2018, è tornata ad occuparsi del tema della tempestività dell’iscrizione delle riserve dell’appaltatore.
La vicenda ruotava intorno all’impugnazione della sentenza della Corte di Appello de L’Aquila, con cui era stata confermata la decisione di primo grado di respingere tutte le domande di un’impresa appaltatrice che pretendeva di ottenere il risarcimento dei maggiori oneri conseguenti al ritardo nell’esecuzione dei lavori imputabile alla committente (rappresentata da un’Unità Sanitaria Locale).
Nel caso di specie, nella ricostruzione dell’attrice, la stazione appaltante non aveva provveduto al pagamento dei compensi per lavori in economia ulteriori rispetto all’oggetto originario dell’appalto, ma comunque contabilizzati, né aveva ristorato i costi sostenuti dall’appaltatrice durante un periodo di sospensione di diciotto mesi.
La Corte di Appello aveva respinto le richieste risarcitorie dell’impresa ritenendo tardiva l’iscrizione in contabilità della relativa riserva, effettuata, per la prima volta, nel luglio 1995, sebbene il fatto produttivo del pregiudizio fosse già da tempo noto. L’appaltatrice, infatti, era a conoscenza dell’evento-fonte di danni, ovvero della circostanza che i lavori avrebbero dovuto svolgersi in contemporanea con le perduranti attività ospedaliere della USL, almeno dall’ottobre 1992, come attestato da una lettera con la quale la stessa impresa lamentava «notevoli disguidi».
L’impresa aveva, dunque, deciso di impugnare la pronuncia della Corte abruzzese sulla base di quattro motivi di ricorso, sostenendo, in particolare, che quando, come nel caso in esame, i maggiori oneri a carico dell’appaltatore dipendano da un fatto “continuativo”, la riserva potrebbe essere iscritta, con la quantificazione della pretesa, soltanto nel momento in cui venga a cessare la causa dei danni lamentati.
La Suprema Corte ha ritenuto infondata la tesi della ricorrente, richiamando orientamenti di legittimità ormai consolidati, che hanno spiegato che «nei pubblici appalti, è obbligo dell’impresa inserire una riserva nella contabilità contestualmente all’insorgenza e percezione del fatto dannoso; in particolare, in relazione ai fatti produttivi di danno continuativo, la riserva va iscritta contestualmente o immediatamente dopo l’insorgenza del fatto lesivo, percepibile con la normale diligenza, mentre il “quantum” può essere successivamente indicato. Ne consegue che, ove l’appaltatore non abbia la necessità di attendere la concreta esecuzione dei lavori per avere consapevolezza del preteso maggior onere che tale fatto dannoso comporta, è tardiva la riserva formulata solo nel s.a.l successivo» (Cass., nn. 10949/2014, 23670/2006, 5540/2004).
Tali indicazioni facevano seguito a pronunce più risalenti nel tempo che, parimenti, avevano segnalato che «l’appaltatore che, in relazione a situazioni sopravvenute, intenda far valere pretese relative a compensi aggiuntivi rispetto al prezzo contrattuale ha l’onere di inserire, nella contabilità, formali riserve entro il momento della prima iscrizione successiva all’insorgenza della situazione integrante la fonte delle vantate ragioni, e ciò anche con riferimento a quelle situazioni di non immediata portata onerosa, la potenzialità dannosa delle quali si presenti, peraltro, già dall’inizio obiettivamente apprezzabile – secondo criteri di media diligenza e di buona fede – e consenta, pertanto, una corretta valutazione della situazione in base ai dati disponibili, onde segnalare, conseguentemente, alla parte committente il presumibile, maggiore esborso da affrontare (salvo poi a precisarne la relativa entità nelle registrazioni successive – o in sede di chiusura del conto finale – se la quantificazione sia, al momento, impossibile)» (Cass., nn. 399/1999, 12863/1993).
Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ha fatto propri i precedenti giurisprudenziali sul punto, precisando che, nell’ambito dei pubblici appalti, qualora non vi sia necessità di attendere l’effettiva esecuzione dei lavori per avere consapevolezza dei maggiori oneri determinati dal presunto fatto dannoso, la riserva deve ritenersi tardiva qualora l’appaltatore vi abbia provveduto successivamente al termine di 15 giorni dalla conoscenza della “potenzialità dannosa” (Cfr. artt. 53 e 54 del R.D. 25 maggio 1895, n. 350, applicabile ratione temporis alla vicenda scrutinata dalla Corte. Si veda anche Cass., n. 16367/2014).