LE CAUSE DI ESCLUSIONE DI CUI ALL’ART. 80 D.LGS. N. 50/2016 DOPO IL DECRETO “SBLOCCA CANTIERI”

  1. Introduzione

Dopo il Decreto Legislativo n. 56/2017 (c.d. “Correttivo”), il Decreto Legge n. 32/2019 (c.d. “Sblocca Cantieri”)recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici” rappresenta la seconda modifica più consistente intervenuta al Codice dei contratti pubblici dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016.

Tra le disposizioni del Codice maggiormente variate si inserisce l’art. 80, che disciplina i motivi di esclusione dalle gare pubbliche, norma fondamentale del sistema di selezione del contraente in materia di appalti pubblici.

In realtà, già di recente, nello specifico con il D.L. 14 dicembre 2018, n. 135 (c.d. “Decreto Semplificazioni”) recante “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione.” (convertito dalla L. 11.2.2019, n. 12), l’art. 80 era stato modificato in modo significativo, con la riscrittura del comma 5, lett. c), dedicato alle ipotesi di grave illecito professionale.

In attesa di conoscere quali saranno le modifiche eventualmente ratificate dalla successiva Legge di conversione, appare quanto mai opportuno segnalare le variazioni immediatamente apportate all’art. 80.

Innanzitutto, occorre sottolineare l’immediata entrata in vigore del Decreto, posto che le disposizioni si applicano alle procedure i cui bandi o avvisi, con i quali si indice una gara, siano pubblicati successivamente al 18 aprile, nonché, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o avvisi, alle procedure in cui, alla medesima data, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte.

 

  1. Eliminazione dell’onere dichiarativo riferito alla terna dei subappaltatori

La prima grande modifica apportata al testo dell’art. 80 D.Lgs. n. 50/2016 attiene al venir meno della rilevanza, in sede di partecipazione alla gara, delle eventuali cause di esclusione riferibili ad un subappaltatore indicato nella terna.

Infatti, al comma 1 dell’art. 80, l’eliminazione del periodo “anche riferita a un suo subappaltatore nei casi di cui all’articolo 105, comma 6” si coordina con l’eliminazione dell’onere di indicazione della terna dei subappaltatori in fase di gara.

Stessa cosa può dirsi in relazione al comma 5 dell’art. 80, dove per l’effetto dell’entrata in vigore del Decreto “Sblocca Cantieri” è venuto meno ogni riferimento alla terna dei subappaltatori.

Tale modifica si inserisce tra le misure disposte anche in relazione alla lettera di messa in mora – infrazione n. 2018/2273 del 24.1.2019 – che la Commissione Europea aveva inviato all’Italia in merito alla violazione di alcune norme delle “Direttive appalti”.[1]

 

  1. Imprese in amministrazione controllata o sottoposte a controllo giudiziario

Sempre il Decreto n. 32/2019 provvede ad inserire un importante chiarimento al comma 2 dell’art. 80, dedicato alle cause di esclusione per infiltrazione mafiosa, definendo un’ipotesi esimente dalle cause di esclusione dalle gare ad evidenza pubblica.

Alla norma, infatti, viene inserito l’inciso “Resta fermo altresì quanto previsto dall’articolo 34-bis, commi 6 e 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”.

Tale esimente risultava certamente già rilevabile da un’interpretazione sistematica e congiunta della normativa sulla contrattualistica pubblica e con quella dettata in materia di lotta alla criminalità organizzata.

Tuttavia, l’inserimento dell’inciso appare quanto mai opportuno, escludendosi in tal modo qualsiasi dubbio o incertezza circa la possibilità di stipulare contratti pubblici da parte di quelle imprese che abbiano proposto l’impugnazione del provvedimento di interdittiva antimafia disposto dal Prefetto, e che abbiano richiesto al tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 dello stesso art. 34-bis del D.Lgs. 6.9.2011, n. 159.

Stessa misura esimente si applicherebbe anche in relazione all’ipotesi di cui all’art. 34 del D.Lgs. 6.9.2011, n. 159, ovverosia laddove sia disposta la misura dell’amministrazione controllata dell’impresa.

 

  1. Onere dichiarativo dei soggetti apicali

Il Decreto “Sblocca Cantieri” modifica anche il comma 3 dell’art. 80, prevedendo oggi la dichiarazione del socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro.

Infatti, sino al 18 aprile 2019, nessun onere dichiarativo veniva previsto per il socio di maggioranza nelle società con un numero di quattro soci.

Allo stesso modo, viene specificato che la misura dell’esclusione dalla gara non può essere disposta laddove, nei casi di condanna di un soggetto apicale ad una pena accessoria perpetua, questa sia dichiarata estinta ai sensi dell’articolo 179, settimo comma, del codice penale.

In tal senso, viene chiarito che gli effetti della riabilitazione si estendono anche alle pene accessorie, e non solo alla condanna principale.

Tale previsione deve peraltro essere letta congiuntamente con le modifiche intervenute al comma 10 dello stesso art. 80.

 

  1. Esclusioni per mancati pagamenti di imposte e tasse

Nell’ipotesi di violazione delle norme che impongono il pagamento di imposte e di tasse, lo “Sblocca Cantieri” inserisce una nuova ipotesi escludente, non automatica ma facoltativa.

Infatti, mentre le violazioni gravi definitivamente accertate comportano l’automatica esclusione, la nuova ipotesi indicata prevede che “Un operatore economico può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse e dei contributi previdenziali non definitivamente accertati.”

Pertanto, dall’interpretazione letterale del comma 4 dell’art. 80, si desume che un concorrente potrà essere escluso discrezionalmente dalla Stazione appaltante laddove, pur non essendoci un definitivo accertamento dell’illecito, la stessa possa dimostrare con qualunque mezzo l’esistenza di un debito con l’erario.

La previsione, peraltro, rischia di avere effetti dirompenti in termini di ammissione alle gare di appalto, considerato soprattutto che il limite di tollerabilità prevista dall’ordinamento è di 5.000 euro (importo di cui all’articolo 48-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602), soglia al di sopra della quale scatterebbe la misura espulsiva dalla gara.

Resta ovviamente (e assume dunque un valore rinforzato per evitare l’insorgere della causa di esclusione, seppur facoltativa) l’ipotesi esimente prevista dall’ultimo periodo del comma 4 dell’art. 80 D.Lgs. n. 50/2016, che prevede possibile la partecipazione alle gare in caso di pagamento o impegno a pagare in modo le imposte o i contributi previdenziali dovuti, a cui si aggiunge l’ipotesi di integrale estinzione di quanto dovuto.

Ovviamente, le predette condizioni, per essere validamente spese, dovranno essere sussistenti entro il termine di presentazione delle offerte.

 

  1. Concordato in continuità aziendale

All’art. 80, comma 5, lett. b), viene aggiunto il riferimento all’art. 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Tale riferimento, in realtà, era già stato inserito nella previgente disciplina sugli appalti pubblici (art. 38, comma 1, lettera a, D.Lgs. n. 163/2006).

Con il richiamo esplicito all’art. 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 26, il Decreto “Sblocca Cantieri” elide qualsiasi dubbio sull’applicabilità delle regole preservative della capacità imprenditoriale di cui alla Legge Fallimentare nella fase di partecipazione e di esecuzione delle gare pubbliche.

 

  1. Durata della esclusione dalle gare di appalto in caso di incapacità a contrarre con la PA

Alle modifiche apportate all’art. 80 si aggiunge anche l’intervenuto coordinamento delle norme sulla partecipazione alle gare pubbliche con la recente riforma del Codice penale, all’esito dell’adozione della Legge 9 gennaio 2019, n. 3 – cd. “Spazza Corrotti” – recante ‘Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”.

Per quel che interessa la partecipazione alle gare di appalto, la Legge “Spazza Corrotti” ha aumentato le pene accessorie in caso di condanna per reati contro la PA, prevedendo che:

  • l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione e l’interdizione dai pubblici uffici siano perpetue in caso di condanna superiore a 2 anni di reclusione (c.d. “Daspo per i corrotti”);
  • la riabilitazione non produce effetti sulle pene accessorie perpetue: tuttavia, decorsi almeno 7 anni dalla riabilitazione, è prevista l’estinzione della pena accessoria perpetua quando il condannato abbia dato “prove effettive e costanti di buona condotta”;
  • l’incapacità di contrattare con la PA è introdotta anche come misura interdittiva, che si applica all’imputato prima della condanna.

Pertanto, il Decreto “Sblocca Cantieri”, modificando il comma 10 dell’art. 80 D.Lgs. n. 50/2016 ha previsto che: “Se la sentenza penale di condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, la durata della esclusione dalla procedura d’appalto o concessione è:

  1. a) perpetua, nei casi in cui alla condanna consegue di diritto la pena accessoria perpetua, ai sensi dell’articolo 317-bis, primo comma, primo periodo, del codice penale, salvo che la pena sia dichiarata estinta ai sensi dell’articolo 179,settimo comma, del codice penale;
  2. b) pari a sette anni nei casi previsti dall’articolo 317-bis, primo comma, secondo periodo, del codice penale, salvo che sia intervenuta riabilitazione;
  3. c) pari a cinque anni nei casi diversi da quelli di cui alle lettere a) e b), salvo che sia intervenuta riabilitazione.

Il Decreto Legge n. 32/2019 ha inoltre inserito un comma tutto nuovo all’art. 80, il comma 10-bis, nel quale vengono regolate le ipotesi in cui la pena principale sia inferiore a sette o cinque anni.

In questi casi, infatti, “…se la pena principale ha una durata inferiore, rispettivamente, a sette e cinque anni di reclusione, la durata della esclusione è pari alla durata della pena principale.”

Nel comma 10-bis, inoltre, viene disciplinata anche l’ipotesi di preclusione alla partecipazione alle gare di appalto non derivanti dalla commissione di un reato, ma dalla commissione di illeciti amministrativi di cui al comma 5 dell’art. 80.

Tale vuoto normativo era alquanto evidente, mancando nella disciplina appalti qualsiasi riferimento alla durata delle esclusioni derivanti da ipotesi diverse dalla violazione di norme penalistiche (il previgente comma 10 prevedeva solo ipotesi riferite alla “sentenza di condanna”, non equiparabile agli atti amministrativi adottati da soggetti diversi dal giudice penale).

Oggi il comma 10-bis dell’art. 80, prevede che: “Nei casi di cui al comma 5, la durata della esclusione è pari a tre anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza. Nel tempo occorrente alla definizione del giudizio, la stazione appaltante deve tenere conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l’operatore economico che l’abbia commesso.”

Con l’inserimento della suddetta norma, il Legislatore sembra dunque aver dato seguito all’indicazione prevista dal paragrafo 7, art. 57 della Direttiva 2014/24/UE, secondo cui “In forza di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e nel rispetto del diritto dell’Unione, gli Stati membri specificano le condizioni di applicazione del presente articolo. In particolare essi determinano il periodo massimo di esclusione nel caso in cui l’operatore economico non adotti nessuna misura di cui al paragrafo 6 per dimostrare la sua affidabilità. Se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla data della condanna con sentenza definitiva nei casi di cui al paragrafo 1 e i tre anni dalla data del fatto in questione nei casi di cui al paragrafo 4.”

A parere di chi scrive, se era evidente la necessità di identificare la durata massima della preclusione alle gare di appalto per le ipotesi di illeciti non connessi all’applicazione di sanzioni penali, va rilevato comunque come la disposizione in parola difetti di una necessaria proporzionalità tra le diverse ipotesi di cui all’art. 80, comma 5, che riunisce una serie eterogenea di ipotesi escludenti (dalla lett. a) alla lett. m) ), caratterizzate ciascuna da una diversa incidenza nelle procedure di scelta del contraente.

Da qui, dunque, la convinzione che una preclusione di tre anni non possa ritenersi proporzionata rispetto a tutti i casi di cui all’art. 80, comma 5.

Inoltre, a voler essere puntuali, il comma 5 prevede ipotesi di provvedimenti amministrativi che non dispongono di per sé l’esclusione dalle gare di appalto, ma che al più rappresentano le cause da cui deriverebbe l’effetto dell’esclusione dalle gare di appalto.

Al riguardo, infatti, risulta certamente più chiara la definizione comunitaria di cui al paragrafo 7, art. 57 della Direttiva 2014/24/UE, in cui si fa riferimento ad un fatto (tra quelli indicati al paragrafo 4 del medesimo art. 57) e non ad un provvedimento amministrativo.

Occorrerebbe, pertanto, una revisione specifica della norma in sede di conversione, definendo meglio il perimetro di una disposizione dagli effetti certamente dirompenti e che necessita di una maggiore chiarezza, nonché di una necessaria proporzionalità tra le diverse ipotesi applicative, anche in ragione del principio di tassatività delle cause di esclusione.

Merita, infine, di essere menzionato il periodo che chiude il comma 10-bis, dove si specifica che, laddove sia impugnato il provvedimento di esclusione,  la stazione appaltante debba tener conto di tale fatto ai fini della propria valutazione circa la sussistenza del presupposto per escludere dalla partecipazione alla procedura l’operatore economico che l’abbia commesso.

Tale frase, a parere di chi scrive, non può che interpretarsi in senso favorevole al concorrente, considerato che il principio di massima partecipazione e del rispetto della concorrenza non consentono un’applicazione aprioristica delle misure escludenti.

In tal senso, laddove ad esempio sia stato adottato un provvedimento escludente, e sia intervenuta la contestazione in giudizio con esito sfavorevole per il ricorrente/attore, e il tempo trascorso tra la sentenza definitiva e il fatto iniziale sia considerevole, sarebbe del tutto legittimo (rectius necessario) da parte delle stazioni appaltanti procedenti non applicare pedissequamente l’esclusione a tempo dalle gare, ma valutare con proporzionalità e in modo pro-competitivo i fatti da cui deriverebbe il provvedimento escludente e il tempo trascorso (considerando anche i tempi di giustizia), nonché la situazione specifica in cui versa l’impresa.

Un’altra interpretazione potrebbe essere quella che nel periodo di contestazione in giudizio del provvedimento amministrativo, le amministrazioni dovrebbero considerare tale fatto ai fini dell’esclusione.

Tale interpretazione sarebbe tuttavia contraddetta dalla stessa lettera della norma, che richiede peraltro la definitività della sentenza che accerti il fatto, escludendo dunque ab origine che un’esclusione possa essere disposta nel periodo intercorrente tra la proposizione del ricorso avverso il provvedimento amministrativo e la definizione del relativo contenzioso, e che l’esclusione possa avvenire semmai solo dopo la pubblicazione della sentenza definitiva, con l’accortezza per la PA di valutare tale misura considerando il tempo trascorso tra il fatto commesso e il pronunciamento giurisprudenziale.

In tal senso, a parere di chi scrive, in sede di conversione sarebbe utile valutare anche la natura del fatto, onde evitare – come rilevato in precedenza – che ipotesi escludenti tra loro del tutto eterogenee (tutte quelle identificate al comma 5 dell’art. 80) diano automaticamente un effetto escludente per tre anni dalle gare, violando il più volte citato principio di proporzionalità dei provvedimenti amministrativi.

Le riflessioni di cui sopra, unitamente alla lettura ragionata delle altre norme del D.L. n. 32/2019, saranno oggetto di specifici incontri di studio e di formazione.

In tale ottica, lo Studio Piselli & Partners, in collaborazione con il Public Procurement Institute, e Venezia Studi, propone la seguenti

 

Giornate di studio

Lo Sblocca Cantieri: le novità in tema di gare d’appalto e di esecuzione dei Contratti Pubblici introdotte dal D.L. n. 32/2019

 

Roma, 14 maggio 2019

Public Procurement Institute – Via Mercalli, 11

 

Roma, 21 maggio 2019

Public Procurement Institute – Via Mercalli, 11

 

Venezia, 22 maggio 2019

Hotel Tritone – Viale Stazione, 16 Mestre (VE)

 

 

[1]Prima di tale intervento normativo, una parte della giurisprudenza amministrativa era intervenuta a limitare in via pretoria gli effetti escludenti per gli operatori economici derivanti da circostanze riferibili ad un subappaltatore. In tal senso, ex multis, si registrano TAR Sicilia Palermo, Sez. I, 17/05/2018 n. 1096 (“quando è fornita una terna di possibili subappaltatori, è sufficiente ad evitare l’esclusione del concorrente che almeno uno dei subappaltatori abbia i requisiti e sia qualificato per eseguire la prestazione da subappaltare”), nonché TAR Lazio Roma, Sez. I, ordinanza 29 maggio 2018, n. 6010, con cui è stata rimessa alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione della compatibilità con gli artt. 57 e 71, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE e con il principio di proporzionalità di cui al “considerando” 101 della stessa, dell’art. 80, comma 5, del d. lgs. n. 50/2016 nella parte in cui prevede l’esclusione dell’operatore economico nel caso di accertamento, in sede di gara, di un motivo di esclusione relativo ad un subappaltatore indicato nella terna in sede di offerta.

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