I CONTROVERSI LIMITI ALLA PROMOZIONE DI PRODOTTI E-SMOKE: ORIENTAMENTI E DISORIENTAMENTI DELLA GIURISPRUDENZA DI MERITO
L’approfondimento a cura di Riccardo Piselli e Luca D’Agostino
Il divieto di promozione di prodotti e-smoke è una delle questioni “calde” in giurisprudenza, a causa della miriade di ricorsi presentati dalle associazioni dei consumatori contro alcune società che trattano sigarette elettroniche.
In una sharing economy caratterizzata dalla datificazione e dalla profilazione commerciale, i confini tra mera presentazione informativa del prodotto e-smoke (consentita) e comunicazione commerciale (vietata) tendono a collimare, sollevando così diverse problematiche applicative.
A destare maggiori problemi sono i c.d. user generated content (quali hashtag, condivisioni, like) che amplificano la diffusione di informazioni contenute nei siti internet o nelle pagine social ufficiali delle compagnie commerciali, senza un diretto coinvolgimento di queste ultime. Entro che limiti è ammessa la risonanza esterna, tramite i servizi della società dell’informazione, di informazioni dal carattere non promozionale? Può un post qualificarsi come informazione commerciale per il solo fatto dello sharing di una notizia tramite piattaforme social?
La giurisprudenza di merito più recente (v. da ultimo, Tribunale di Roma, Sez. XVII, ordinanza 4 novembre 2019) ha assunto una posizione decisamente molto rigida, ritenendo che anche la condivisione di informazioni sui social network rientri a pieno titolo nel concetto di “comunicazione commerciale”. L’affermazione rischia tuttavia di comprimere in modo eccessivo e irragionevole l’iniziativa economica privata, precludendo a priori l’accesso a un veicolo informativo (e non necessariamente pubblicitario) fondamentale per gli operatori del mercato.
Guardando al quadro normativo, il divieto di propaganda pubblicitaria dei prodotti da tabacco fu introdotto negli anni sessanta Più precisamente, l’articolo unico della legge n. 165/1962 – tuttora vigente – dispone che: «La propaganda pubblicitaria di qualsiasi prodotto da fumo, nazionale od estero, è vietata».
Successivamente la materia è stata armonizzata a livello comunitario. Da ultimo la Direttiva 2014/40/UE «sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati», ha introdotto specifiche limitazioni alla promozione di prodotti a base di tabacco; in Italia la Direttiva è stata recepita con D. Lgs. n. 6/2016.
A differenza del passato, i testi normativi da ultimo citati si applicano anche ai “prodotti correlati” al tabacco, in primo luogo le sigarette elettroniche e i contenitori di liquido di ricarica per il vaping. È stato così introdotto il divieto di comunicazioni commerciali per i prodotti e-smoke, in termini pressoché paritetici rispetti ai comuni derivati del tabacco.
Si tratta di limitazioni estremamente penetranti, che non lasciano spazio a molte differenziazioni rispetto al fumo tradizionale. Al di là delle risultanze scientifiche, la questione più controversa riguarda i possibili effetti positivi dell’e-smoke per contrastare la dipendenza dal fumo tradizionale, aspetto forse ingiustamente negletto dal legislatore.
La giurisprudenza non sembra comunque giunta a soluzioni univoche e definitive, specialmente con riferimento alla diffusione di user generated contents. Al riguardo sarebbe opportuno tracciare dei principi chiari, per consentire agli operatori del settore di assumere scelte imprenditoriali in piena compliance normativa.