INTERVISTA A PIERLUIGI PISELLI: BLOCKCHAIN, UN’ARMA CONTRO LA CORRUZIONE NELLE GARE PUBBLICHE

Intervista all’Avv. Pierluigi Piselli pubblicata sulla rivista AboutPharma and Medical Devices (Maggio 2018).

 

La tecnologia alla base delle criptovalute potrebbe rivoluzionare l’eprocurement della Pa introducendo maggiore trasparenza e controllo. Ma servirebbero leggi ad hoc e nuove competenze.

L’ arma per sconfiggere la corruzione nell’ambito delle gare pubbliche potrebbe essere a portata di mano. È la blockchain (si veda numero 151 di AboutPharma), la tecno­logia alla base delle criptovalute come il bi­tcoin. Eppure, se si escludono gli addetti ai lavori e gli appassionati di hi tech, sono anco­ra in pochi a sapere cosa sia e come funziona. E nella normativa italiana, non vi è traccia di riferimenti a questo “libro mastro” digitale che rende pressoché impossibile la modifica e la manomissione dei dati.

Secondo gli esperti, l’adozione di questa tecnologia nell’ambito della contrattuali­stica pubblica e dell’eprocurement potreb­be rivoluzionare la gestione degli appalti e garantire un livello di trasparenza molto più elevato rispetto a quello attuale. Le transazioni che si svolgono su questo regi­stro digitale sono soggette infatti a un con­trollo diffuso da parte della rete e diventa più difficile commettere illeciti.

In teoria, si potrebbe costruire una piatta­forma basata sulla blockchain a cui si iscri­vono sia le pubbliche amministrazioni che hanno bisogno di acquistare beni e servizi (per quanto riguarda l’healthcare, quindi, soprattutto farmaci, device e prestazioni as­sistenziali) sia le aziende fornitrici. Un siste­ma di questo tipo, anche grazie a strumenti di cognitive procurement (le tecnologie di intelligenza artificiale che supportano gli acquisti attraverso riconoscimento vocale, comprensione del testo, analisi reputazio­nale), permetterebbe di verificare più facil­mente il possesso dei requisiti di chi parte­cipa alle gare e di scegliere i vincitori in base a criteri oggettivi e controllabili da tutti. Per introdurre queste innovazioni, però, è necessario che la Pubblica amministrazione acquisisca nuove competenze e che si met­tano a punto norme in grado di supporta­re questa trasformazione. Non è un caso, come spiega in questa intervista Pierluigi Piselli, founding partner dello studio legale Piselli & Partners, che un solo Paese, la Rus­sia, stia sperimentando la blockchain per la gestione dei pagamenti nella Pa.

Avvocato Piselli, quali potrebbero es­sere i vantaggi dell’introduzione della blockchain nell’eprocurement della Pubblica amministrazione?

Una premessa è doverosa. La blockchain è una tecnologia del tutto innovativa che non solo non è applicata ma non è neanche conosciuta da parte della pubblica ammi­nistrazione italiana. Non è presente nean­che nella normativa. Ogni considerazione, quindi, sulle possibili applicazioni è soltan­to in vista di un’eventuale evoluzione nor­mativa in questa direzione. Quali vantaggi? Il primo, immediato e importante, è la tra­sparenza in tutti i meccanismi della con­trattualistica pubblica. I dati, su questo tipo di piattaforma, non si possono modificare. E il sistema si basa su un controllo in rete generalizzato e diffuso: tutto si autoregola­menta e gli intermediari vengono saltati. È evidente che oggi, se un funzionario volesse commettere un illecito, tenderebbe a fare le cose possibilmente di nascosto. Invece, più si dà pubblicità all’operato, più emerge la buona fede di chi agisce. Se questo modo di procedere si cala nella blockchain, ogni scelta è affidata al controllo della rete e alla certificazione del processo che da questa deriva. Ma i vantaggi non finiscono qui. Da questo impianto derivano anche la certezza delle transazioni, la diminuzione dei con­tenziosi, l’ottimizzazione delle risorse etc…

In che modo queste tecnologie posso­no migliorare l’utilizzo delle risorse pubbliche?

In vari modi. Sia la blockchain, sia il cogni­tive procurement possono, per esempio, sollevare i funzionari pubblici dai compiti più ripetitivi così che si dedichino ad atti­vità più complesse. Prendiamo il caso della verifica dei requisiti dei partecipanti alle gare: con l’intelligenza artificiale, non ci sarebbe bisogno del controllo da parte dei funzionari se i concorrenti hanno tutte le carte in regola, se i requisiti sono veritieri. Le correzioni sarebbero automatiche. In più, il numero di contenziosi si abbasse­rebbe drasticamente.

Se nascesse un sistema basato sulla blockchain, le informazioni sulle aziende, immediatamente applicabili e non contesta­bili, sarebbero già presenti sulla piattaforma e condivise. Quindi, se per esempio un’impresa ha subito un’esclusione o non può partecipare a gare pubbliche per aver subito un provvedi­mento di risoluzione del contratto da parte di un’amministrazione, la Pa lo saprebbe da subito. Non ci sarebbe bisogno di andare a scorrere gli elenchi presso l’osservatorio dei contratti pubblici e rintracciare le iscrizioni sul conto dell’impresa. La scelta del contra­ente avverrebbe più rapidamente: sarebbe un grande vantaggio in termini di efficienza.

Parla di possibili vantaggi. Quali invece i possibili aspetti problematici?

Innanzitutto, nel caso in cui il legislatore adeguasse il sistema normativo e decidesse di aprire alla blockchain, dovremmo fare un lungo lavoro di formazione per la Pa. Se quella attuale fa fatica addirittura a utiliz­zare il Mepa (il Mercato elettronico della pubblica amministrazione, che online è sul sito acquistinretepa.it), uno strumento che la legislazione vigente consente e incentiva soprattutto per transazioni di piccole di­mensioni, figuriamoci di fronte a questo tipo di meccanismo. La blockchain è una tecnologia che solo gli addetti ai lavori conoscono: non mi stupirei se una buona parte dei funzionari pubblici dicesse, per usare un’espressione molto semplice, “che cos’è? Roba da mangiare?”. In altre parole, se si acquista un’automobile performante, poi serve anche un bravo pilota in grado di guidarla. Non è ipotizzabile che una Pa ‘di due secoli fa’, che fatica ad andare verso le innovazioni, sia a oggi capace di affidarsi a un meccanismo di intelligenza artificiale che, in base a un algoritmo, sceglie l’aggiu­dicatario di una gara pubblica secondo iter procedurali che non sono umani ma di una macchina. Si tratta di un salto enorme.

Quali sarebbero le criticità dal punto di vista giuridico?

Bisognerebbe tener presente che si dele­gherebbero a una macchina, benché con parametri impostati dall’uomo, alcune fasi molto delicate della scelta del contraente, che hanno un impatto significativo sulla spesa pubblica. Sono fasi, tra l’altro, in cui spesso si annidano fenomeni corruttivi, turbative d’asta, concussioni e altri reati tipici di questi contesti. L’attività di con­trollo giurisdizionale, fino a quando non si padroneggiano i meccanismi logici seguiti nella scelta dei vincitori, non sarebbe sem­plice. Ora, per esempio, il controllo punta molto sulla bontà della motivazione da par­te dell’amministrazione: tanto più c’è una motivazione salda e l’atto amministrativo è di conseguenza forte, tanto più difficile è attaccare il provvedimento di fronte a un organismo giurisdizionale.

Se si volessero introdurre queste tecno­logie, da dove si potrebbe iniziare?

Probabilmente si dovrebbero segmentare alcune fasi specifiche. Avviare alcune ini­ziative sperimentali e poi ampliare. Imma­gino due momenti. In un primo periodo, avendo come obiettivo la trasparenza, si dovrebbe impostare la piattaforma. Creare il contenitore in cui acquisire e raccoglie­re i dati legati ai vari soggetti coinvolti – aziende e Pa – in modo da seguire i flussi, controllare la validità degli operatori, e delle procedure nelle scelte del contraente, individuare possibili criticità. Un sistema, insomma, in cui trovare il fornitore otti­male per ogni gara diventa un’operazione più rapida. Il secondo momento, invece, dovrebbe essere di operatività piena, con modelli e meccanismi automatici basati su formule prestabilite. Inoltre, l’uso di una tecnologia come la blockchain porterebbe anche a un’innovazione giuridica.

Quale?

Il nostro ordinamento, com’è noto, è di civil law e all’interno di esso il precedente conta come interpretazione della norma e non come norma. Invece, con un sistema automatizzato e reso certo e trasparente at­traverso la tecnologia blockchain, si farebbe molto più ricorso ai precedenti in cui l’iter seguito si è dimostrato corretto.

Che vantaggio potrebbe esserci per le azien­de fornitrici che partecipano alle gare?

Sarebbe soprattutto la possibilità di opera­re in un mercato funzionante. Un sistema con regole precise, applicate in modo im­parziale grazie al controllo diffuso della rete, in cui barare è molto più difficile.

Ci sono già case history di riferimento?

Mi risulta che l’unico Paese in cui si stanno portando avanti esempi di appli­cazione concreta della blockchain nella contrattualistica pubblica sia la Russia. A occuparsene è stata la Nesheconombank (Veb), ente che studia soluzioni per lo sviluppo economico del Paese. Lì, stanno sperimentando la blockchain ispirandosi al suo uso come piattaforma per transa­zioni in criptovaluta. Pertanto, la stanno utilizzando come strumento per agevola­re i pagamenti nell’ambito dell’ammini­strazione pubblica e snellirli.

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